TERAMO – Ha affrescato il carcere di Castrogno con i suoi dipinti, utilizzando i materiali che gli hanno regalato gli agenti di polizia penitenziaria che hanno organizzato una colletta tra i dipendenti del corpo. Il pittore è un detenuto albanese, Shkelqim Koni, 45 anni, ex dipendente di una impresa di pulizie, condannato a 14 anni di reclusione anche in secondo grado per l’omicidio della moglie Rudina. Ha disegnato scene raffiguranti il Gran Sasso, San Gabriele, comunque affreschi il cui tema è legato strettamente a questa terra dove lui aveva deciso di venifre a vivere 30 anni fa. Koni, come hanno voluto sottolineare il gip che ne convalidò l’arresto. Marina Tommolini, e il pubblico ministero che in primo grado ne ha chiesto la condanna, Irene Scordamaglia, è uno degli «esempi che il carcere non è abitato da aguzzini o da disillusi, ma da persone che aiutano a risollevarsi e da altre che vogliono riprendersi». «Questo dell’operaio albanese – ha aggiunto il pm Scordamaglia – è uno degli esempi di come il carcere permette di riprendere la propria strada, di essere rieducati, che ci sono luoghi dove esistono esempi altissimi di valore sociale». Koni nel gennaio del 2009 uccise la moglie a coltellate nella loro abitaziuone di Martinsicuro, mentre i due figli dormivano. Lei voleva lasciarlo, lui reagì con violenza. Fu lui stesso dopo il delitto a chiedere l’intervento dei carabinieri per costituirsi. In primo grado, grazie ai benefici del giudizio abbreviato in udienza preliminare, fu condannato a 14 anni di reclusione, pena confermata di recente dalla Corte d’Appello dell’Aquila. Detenuto modello nel penitenziario teramano, Koni non riesce però ad ottenere ancora oggi il permesso di rivedere e riabbracciare i propri figli.